IL TERZO OCCHIO • Collana di arti visive 2
IL TERZO OCCHIO • Collana di arti visive 2
IMMAGINARE: vizio dell'anima
Immaginare è un vizio.
La città esplode.
L’uovo nasce.
Gli alberi fanno la foresta ed il silenzio fa la morte, se è senza scatti e senza infinito, privato del suo finito. Il vizio dell’anima, quello di guardarti dentro con l’arte, e non con lo specchio. È la mano che ignara, coltivando un fiore o una spirale sulle macerie della “Città del sole”, racconta di un’origine nuova,di un durante, non di un fine, che pur non essendo, sin dal principio necessita svolgersi nel molteplice di un racconto che inizia da una stanza. Immaginifico. A volte anche poetico. La città esplode. L’uovo nasce. In mezzo c’è un aggressivo mostro simmetrico di facce d’uomo che costruiscono uno spettacolare uccello rapace. Rette taglienti vanno dal basso verso una piccola linea orizzontale, non un punto prospettico. Una ghigliottina, se la città è una stanza senza cielo. I soldi virtuali a fronte dell’acqua che manca. Ma gli alberi fanno la foresta. Vogliono crescere allo scorrere o permanere del tempo sulla sostanza del fuoco, dell’acqua e dell’aria. Ma la foresta, c’impaura più ancora se la luce non è più il lampo improvviso di Giove, di Caos o della Luna. Nera è sempre più piccola, è vissuta da 4 aborigeni e dai loro nemici in simbiosi. Al contrario ai bambini, chi gli ha mai detto del loro debito già contratto? se a virtualizzare il capitale è stato il sistema, e non il fato. Banalità. Ma il silenzio fa la morte, senza scatti e senza infinito, se questo, privato del suo finito, è il tempo fermo, lineare. Inimmaginabile, parcellizzato e disperatamente solo ciascuno è cieco, e perciò tutti siamo Edipo, condannati a vivere una vita non nostra, se egli era un prototipo e non un emblema. Fantasmi passati e futuri. Oggi bombe, fame, emigrazione, e “l’over”, con il tunnel del tempo troppo lungo e stretto per viverlo senza immaginazione. O virtualità schizofrenica di un attimo finente, o colorate pietre danzanti, meteoriti ritrovate per caso solo con un gioco di dita a colori pieni.
30 marzo 2009
prezzo di copertina 6,00 €
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4,80 €
• 52 pagg. formato 160x160 mm
• illustrazioni in BW e colore
• legatura a punto metallico
• EAN 13: 978-88-89856-12-3
ANGELO NUZZOLO
Angelo, nato a Benevento il 29 luglio 1980, da Silvia Luisa Colesanti, professoressa d’arte, ed Alberto Nuzzolo, architetto, sin da bambino, roteando le mani sporche di polvere e gessi, su di un foglio o sui muri di casa, senza confini, andava assumendo il vizio dell’immaginare forme piuttosto che quello di educarsi ai confini di un semplice foglio a quadretti. Causa ed effetto si confondono col tempo dell’evento in atto se l’origine e l’universo sono, come sono, in perenne trasformazione roteante, spiraloidea. Poliverso e polveroso, non limpido e lineare. Poliedri, meteoriti, incastri, sfilacci, frammenti, polvere di stelle, di colori, di forme che torcendosi su se stesse ci raccontano il racconto del loro racconto, di quel che è stato. Di Angeli con occhi senza pupille su foglie lanceolate o cavalli rampanti verso un futuro laterale di cellule. L’esistente invisibile guadagnato attraverso “il vizio di guardarsi l’anima con l’arte e non con lo specchio”. Con il sogno, anche l’incubo. Altrimenti è solo l’inganno del riflesso del viso. Il reale illusorio delle cose. L’astratto in cui rischia di cadere lo stesso pensiero, la filosofia, disciplina nella quale Angelo si laurea a Firenze, nell’aprile del 2006 con una tesi in “Estetica del cinema”, sull’opera di Stanley Kubrick. Immagini e parole colloquiano e raccontano, ad Amsterdam della “città che esplode” e a Barcellona “dell’uovo che nasce”. L’arte è l’altra via, quella vera. La storia vera fatta di parole, di forma e colore di luce: la natura. Non idea, ma il vizio dell’anima che coltivato dalla mano comprende, “percetta”, come fa un pianista bambino che allungando le dita cattura le note e racconta.
Dal vizio felice nascono petali carnosi, rossi, rosa sul pavimento giallo e cielo magenta, separati da un segno orizzontale che scompare all’apparire di figure umane, dolenti nei volti violacei, nei corpi contorti. Disegna una stanza nera che non ferma quella linea che ruota in un fluire di meteoriti, conchiglie di dorso o di grembo, orchidee, crisalidi. L’uovo si espande. L’affanno è l’origine ora.
È la mano che ignara, coltivando un fiore o una spirale sulle macerie della “Città del sole” ci dice di un’origine, non di un fine. Di un durante, che pur non essendo, necessita svolgersi nel molteplice di un racconto che inizia. Immaginifico. A volte anche poetico.
Otrebla Olozzun